Classificazione linneana
La classificazione delle piante secondo Linneo
lo studio degli organi riproduttivi contenuti nei fiori
Classi, sottoclassi o ordini e nomenclatura binomiale
Nella prima metà del XVIII secolo, la flora proveniente dai nuovi continenti aveva reso inapplicabili i metodi di classificazione delle piante note in Europa fin dall’antichità. Si avvertì, perciò, la necessità di rinnovare i criteri tassonomici (ossia di classificazione), spesso soggettivi, di cui i botanici si erano serviti fino ad allora.
Alcuni di loro, Cesalpino e Tournefort, suggerirono di classificare le piante a seconda della forma di foglia e corolla.
Linneo, invece, pensò di studiare gli organi riproduttivi contenuti nei fiori, perché rispetto ad altre parti vegetative della pianta non muta in presenza di condizionamenti esterni. Prese, quindi, in considerazione il numero degli stami (i filamenti con il polline), in base a cui distinse poi le piante in 24 classi (classe prima, monoandria ovvero con un solo stame, diandria con due stami e così via). Le classi comprese tra la 13 alla 24 sono caratterizzate oltre che dal numero anche dalla morfologia degli stami stessi (es.: classe 13, Polyandria, stami inseriti sul ricettacolo, classe 14, Didynamia, fiori con quattro stami di diversa lunghezza) e altre caratteristiche strutturali. Contando poi i pistilli (i tubicini che introducono all’ovario) all’interno di ciascuna classe, vide che era possibile ripartirle ancora in sottoclassi od ordini (classe monoginia, e cioè con un solo pistillo, diginia a due pistilli, così via).
Questo sistema di classificazione fu descritto da Linneo nel 1753 nell’opera Species Plantarum.
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